Michelangelo Buonarroti

Michelangelo

Michelangelo Buonarroti è stato uno dei grandi protagonisti del panorama artistico durante il Rinascimento. Ha fatto parte di quella grande bottega artistica che ha animato le città, soprattutto Firenze e Roma, durante uno dei periodi più fiorenti e più importanti per l’arte che ha visto la complicità di alcuni mecenati fra cui Lorenzo il Magnifico, artista lui stesso, ed alcuni papi. Proprio alla corte dei Medici e sotto il più famoso dei suoi esponenti Michelangelo inizia la sua opera. Lui si considerava uno scultore, ma nonostante questo ci ha lasciato anche alcune importanti opere pittoriche, tra cui la più importante è rappresentata dalla serie di affreschi nella cappella sistina e dal giudizio universale.

Biografia:

Nasce a Caprese (AR) il 6 marzo 1475, secondogenito del podestà di castello, la sua famiglia faceva parte del patriziato fiorentino. Quando era ancora molto piccolo la sua famiglia si trasferì a Settignano (FI), area molto famosa per l’estrazione e la lavorazione di marmo pregiato, spesso per giustificare la sua passione per la scultura dirà di aver da sempre bevuto latte impastato con il marmo. Nel 1487 arriva a bottega da Domenico Ghirlandaio per tre anni e dopo iniziò a frequentare l’ambiente della corte fiorentina, dove poté entrare in contatto con l’ambiente rinascimentale in pieno fermento nel porto sicuro rappresentato da Firenze. Nel 1496 si reca a Roma ma due anni dopo, nel 1501 torna a Firenze. Nel 1505 torna a Roma, che rappresentava un altro importantissimo centro di rinnovamento artistico, richiamato a corte  da papa  Giulio II che gli affida il compito di costruire il suo monumento funebre, quello che lo stesso Michelangelo definirà la “maledetta sepoltura”. Fra il 1505 e il 1536 lavora spostandosi fra Roma e Firenze anche se nel 1536 si stabilirà definitivamente a Roma. Muore il 18 febbraio 1564, senza aver smesso di lavorare alle sue opere tanto che lasciò la pietà Rodanini incompleta, ma questa volta, non per sua scelta.

Come molti artisti rinascimentali era una personali poliedrica. Questo viene testimoniato dalla descrizione che Vasari fa di Michelangelo. Infatti dice che Michelangelo era “universalmente in ciascheduna arte ed professione fosse abile”. Infatti è stato un pittore, uno scultore, un architetto e un poeta, anche se lui si considerava uno scultore. Vasari scrive che riuscì a dar rilievo alle cose della pittura, operò nella scultura, progettò abitazioni comode, sicure, sane, allegre e proporzionate e tutte queste sue capacità avevano l’ornamento della poesia. Secondo Michelangelo soltanto indagando la natura si poteva arrivare alla bellezza, e l’artista doveva imitare la natura. Era consapevole che se si scelgono i particolari migliori della natura l’artista è in grado di dar vita ad una bellezza superiore di quella creata dalla natura, quindi per questo l’artista nella sua mente concepisce un’ideale di bellezza. Secondo Michelangelo la cosa più bella del creato è il corpo umano perché è specchio della bellezza divina.  Quando i valori cristiani si rafforzeranno nell’animo di Michelangelo lui inizierà a pensare che la bellezza fisica sia secondaria rispetto a quella spirituale e che non sia altro che un mezzo per condure l’uomo alla contemplazione divina.

Produzione artistica :

Uno dei soggetti ricorrenti nella produzione artistica di Michelangelo è quello della pietà di cui realizzerà tre gruppi marmorei di cui l’ultimo, la pietà Rodanini rimarrà incompleto poiché Michelangelo morirà prima di averlo potuto completare. La prima pietà che esegue è la pietà conservata a San Pietro al Vaticano. La pietà di San Pietro viene commissionata a Michelangelo nel 1498 dal cardinale francese Jean Bilhers, che voleva lasciare un ricordo di sé a Roma. Il cardinale era l’ambasciatore del re di Francia a Roma e la statua doveva essere posizionata nella cappella di Santa Petronilla nella vecchia San Pietro. Il Cardinale affidò la realizzazione di questa importante scultura a Michelangelo perché il banchiere fiorentino Jacopo Galli aveva garantito per il giovane scultore. Per il banchiere Michelangelo aveva realizzato una statua che ha come soggetto bacco,statua che ora è conservata al museo del Bargello a Firenze. Il banchiere garantisce per Michelangelo e scrive al Cardinale che lo scultore avrebbe realizzato la più bella statua che si fosse mai vista a Roma. Così il Cardinale affida l’opera a Michelangelo che la conclude in un solo anno. Il tema scelto dal cardinale fu quello della pietà, tema molto diffuso nel centro-nord d’ Europa e poco in Italia.

Pietà di San Pietro
La Pietà di San Pietro

 Il gruppo marmoreo è composto dalla figura della Madonna e dalla figura di Gesù che è adagiata sulle gambe della Vergine. La madonna è rappresentata molto giovane, in modo inverosimile, questo perché Michelangelo vuole rappresentare sotto due aspetti. Il primo ruolo che gli attribuisce è quello di madre di Gesù in quanto uomo, ruolo simboleggiato dalla maternità con cui protegge il corpo esanime di Cristo, quasi volendolo riaccogliere dentro di sé. Mentre il secondo ruolo è quello che la vede figlia di Gesù in quanto Dio, è questo spiega il perché di una figura tanto giovane. Questa interpretazione lo aiuta a placare le critiche che gli venivano fatte sulle sembianze troppo giovani della Madonna, e per rinforzare la sua tesi si serve dell’incipit del XXXIII canto del Paradiso dantesco che recita:

“Vergine Madre, figlia del tuo figlio” 

Paradiso, Canto XXXIII, v. I

Il volto della Madonna esprime tutta la sofferenza di una madre senza, però, mostrare disperazione, vine mostrata in uno stato di accettazione della morte del corpo di suo figlio. L’accettazione è dovuta alla consapevolezza che la morte non è la fine di tutto, come invece sostiene un’interpretazione meccanicistica dell’esistenza, ma che dopo la vita terrena c’è qualcos’altro. Il capo della Madonna è avvolto in alcuni veli i quali ricordano “L’annunciazione” di Leonardo. Le pieghe del velo continuano per tutto il vestito ricoprendo il corpo della Vergine, esse si accentuano all’altezza delle gambe dove formano una conca che sembra voler accogliere Cristo nel grembo della madre, volontà accentuata ancora di più dalla fusione dei due corpi. Il braccio destro della Vergine sorregge il corpo di Cristo tenendolo da sotto un’ascella. Il braccio sinistro non è a contatto con il corpo di Gesù, è leggermente allargato e il palmo della mano sinistra è rivolto verso l’alto come a volerci mostrare il corpo del figlio rendendoci partecipi di questa morte del corpo e della sofferente accettazione e sopportazione di essa.

Il corpo di Gesù è disteso su quello della Madonna con il capo riverso sul braccio destro della madre che lo sorregge con una mano da sotto l’ascella. Il braccio destro di Gesù è abbandonato e si appoggia al ginocchio della Vergine. Gesù ha la mano fra le gambe della Madre e le dita fra le pieghe del suo vestito come a volerlo stringere ancora una volta. Mentre il braccio sinistro è abbandonato lungo il corpo a contatto con il busto di Maria. Il corpo, nel suo totale abbandono, si piega in corrispondenza del bacino, dove manca il sostegno delle gambe della madre e sotto di sé il corpo riverso non trova altro che il vuoto.Le gambe di Gesù scendono lungo quelle della Madonna, il piede destro appoggia per terra mentre quello sinistro rimane leggermente sollevato. Il corpo di Gesù è liscio ed uniforme in netto contrasto con le pieghe del vestito della Madonna. Gli unici elementi che interrompono questa continuità sono il drappo che copre il bacino e i fori alle mani e ai piedi a simboleggiare le stigmate di Gesù.

Una volta che Michelangelo finì di scolpire la statua i suoi contemporanei attribuirono l’opera a molti artisti ma non a lui, per questo motivo lo scultore decise di firmarsi nella fascia che attraversa il petto della Madonna.  La Pietà di San Pietro è l’unica opera firmata da Michelangelo. Giorgio Vasari rimase talmente colpito da quest’opera da scrivere che Michelangelo fosse riuscito a raggiungere la perfezione che nemmeno la natura a volte riusciva a raggiungere.

Michelangelo riteneva che fossero più nobili le arti del togliere, come la scultura, che quelle del mettere, come la pittura. Lui sosteneva che il blocco di marmo contiene già l’opera che verrà realizzata e che quindi allo scultore non resti che togliere il superfluo, facendo così affiorare la statua di marmo. Un esempio di questa sua concezione sono i Prigionieri.

Esempio di prigioniere
Esempio di prigioniere

I Prigionieri non sono altro che una serie di sei statue che rappresentano dei non finiti volontari dello scultore. Le statue originariamente dovevano essere collocate nella tomba di Giulio II ma non furono mai terminati tanto che il nipote dello scultore li trovò ancora nella bottega di Michelangelo dopo la sua morte. Due delle sei statue sono conservate al Lovere mentre le altre quattro sono conservate alla Galleria Nazionale di Firenze. I corpi scolpiti da Michelangelo sembrano prigionieri della materia, del blocco di marmo in cui, fino a poco prima, erano inglobati. Si vede la difficoltà che fanno per uscire, per staccarsi da quella materia che li costringe.

La seconda pietà scolpita da Michelangelo è la Pietà Bandini (1547-1555). Questa scultura nasce dalla riflessione dello scultore sulla morte, infatti, l’opera doveva essere collocata sulla tomba di Michelangelo, ma così non fu.

Pietà Bandini (1547-1555)
Pietà Bandini (1547-1555)

Vasari racconta di come Michelangelo si sentisse vicino alla morte e come pensasse che presto essa l’avrebbe portato via con sé, spegnendo il lume della sua vita. Rispetto alla pietà di San Pietro qui ci sono più figure visto che oltre a Gesù e alla Madonna troviamo la figura di Nicodemo e di Maria Maddalena. La figura di Nicodemo sovrasta la composizione, si trova in piedi dietro a Gesù. La Vergine si trova dietro al corpo di Cristo che sta tentando di sorreggere. La figura di Cristo non è più orizzontale, non è cullata dalle braccia della Madre. È verticale, sembra quasi che la Madonna e Nicodemo stiano cercando di sorreggere il corpo di Cristo affinché non cada per terra. Michelangelo, insoddisfatto dell’opera la colpì ripetutamente, tanto che manca una gamba che doveva accavallarsi a quella della Madonna. L’artista decise di vendere l’opera. Solo successivamente venne aggiunta la figura di Maria Maddalena, che sarebbe stata scolpita da Tiberio Calcagni, suo seguace.

La terza, e ultima, pietà realizzata da Michelangelo è la pietà Rodanini che però l’artista non riuscì a concludere morendo mentre ci stava ancora lavorando.

Pietà Rodani (1501-1504)
Pietà Rodani (1501-1504)

Oltre ad essere l’ultima pietà eseguita dall’autore è anche l’ultima opera che ha scolpito, morendo prima di riuscirla a completare, rappresentando così un non finito involontario, infatti, come ci racconta Vasari, Michelangelo era vecchi e si sentiva tirare per la cappa dalla morte. Da parte di Michelangelo c’è un ritorno alle due figure fondamentali, la Madonna e Gesù. LA vergine ha il corpo piegato verso il figlio, con la mano destra lo sorregge mentre con la sinistra sembra gli stia accarezzando il petto. La figura di Gesù è nuovamente posta in verticale mentre la Vergine lo stringe a sé.

Altra opera famosissima di Michelangelo, diventata il simbolo di Firenze è il David.

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David (1501-1504)

Il David fu commissionato a Michelangelo dall’opera del Duomo, infatti, la statua doveva essere posizionata all’interno della cattedrale di Santa Maria del Fiore. Il David costituisce la prima grande rappresentazione scultorea di un uomo nudo dopo il periodo classico. Il blocco di Marmo scolpito da Michelangelo era stato già abbozzato da Agostino Duccio una quarantina di anni prima, ma Michelangelo decise di usare proprio quel blocco perché sosteneva di vederci già dentro il David. In questa scultura Michelangelo rispetta tutti i canoni policletei: chiasmo, ponderazione e proporzione. Il David non è rappresentato come un adolescente, ma come un giovane mani, che stanno a simboleggiare la potenza creatrice dell’uomo. È rappresentato con una fionda in mano, nell’attimo subito successivo alla vittoria su Golia, vittoria che non viene descritta ma viene lasciata la possibilità all’osservatore di immaginarla. Il David  sta contemplando la sua azione con fierezza, ma senza esaltazione. Questa statua venne considerata da subito il più grande esempio di scultura sia antica che moderna. I fiorenti si sentirono subito rappresentati da questa statua fu da subiti considerata il più grande esempio di scultura sia antica che moderna. I fiorentini si sentirono subito rappresentati da questa statua che mostrava la loro piccola repubblica rispetto ai grandi stati nazionali. La statua però, non venne mai posizionata nel Duomo dove la voleva il progetto iniziale. Venne sposta prima in piazza della Signoria, poi venne deciso di trasferirla nella galleria dell’accademia dove si trova ancora oggi e in Piazza della Signoria si trova una copia. Per la sua collocazione venne incaricato l’architetto Emilio De Fabris che costruì una nuova tribuna scenografica, dove l’illuminazione viene garantita da un alto lucernario. Anche oggi si trova in questa meravigliosa cornice scortato da quattro imprigionati che lo precedono.

Un progetto che impegnò a lungo Michelangelo e che non lo rese mai soddisfatto, dovendo ridurre la sua idea iniziale più volte, è la tomba del papa Giulio II, insoddisfazione tale che lo portò a definire questo progetto come la “maledetta sepoltura”.

Tomba di papa Giulio II (1505-1544)
Tomba di papa Giulio II (1505-1544)

Nonostante i ridimensionamenti del progetto, visto che spesso i soldi che erano destinati all’opera furono usati per altre cose, per portarlo a compimento Michelangelo ci mise moltissimo, quasi quarant’anni. La tomba venne finita nel 1544 ma il papa Giulio II della Rovere era morto già nel 1513, e l’opera non venne posizionata nella chiesa di San Pietro nel Vaticano, ma nella chiesa romana di San Pietro in Vincoli. La prima versione prevedeva un monumento a quattro facce, che poi diventò un monumento a tre facce fino ad essere realizzato come un monumento a parete. La scultura si doveva articolare sui quattro lati scandita da tre registri orizzontali. Il registro superiore scandito da statue, rilievi e colonne e al centro è posta la figura di un giacente fra un profeta e la sibilla, figura che poggia su una superficie piana con lo  sguardo rivolto verso l’osservatore. Il tutto è sovrastato dalla Vergine in gloria con in braccio il bambino che è collocata in un catino introdotto da paraste trabeate. In registro inferiore ospita la possente statua di Mosè, statua che appartiene al secondo progetto, stesso progetto a cui appartengono sia lo schiavo ribelle che lo schiavo morente, due delle sei statue che fanno parte della serie degli imprigionati. La posizione in cui si trova Mosè non è quella in cui Michelangelo lo aveva pensato originariamente, infatti se si osservano le proporzioni della statua si può notare come siano insolitamente allungate, questo perché presumibilmente la statua doveva essere collocata in alto, e questo accorgimento avrebbe contribuito a non farla sembrare “schiacciata” agli occhi dell’osservatore. La statua è arricchita dal moto rotatorio veste che circonda la gamba destra. Il patriarca è caratterizzato dalla barba lunga e dalle tavole che tiene sotto il braccio destro. Il suo sguardo è intenso ed è rivolto alla sua sinistra. Questa statua è un altro esempio delle capacità di Michelangelo di scolpire uomini anatomicamente perfetti, talmente belli da superare quella che veniva considerata la perfezione della natura. Si racconta che lo stesso Michelangelo rimase molto stupito dalla perfezione della statua che aveva appena realizzato tanto che si rivolse a lei con la celebre frase “Perché non parli?”.

Un’altra famosissima opera di Michelangelo è la sagrestia nuova di San Lorenzo a Firenze, opera che nasconde sotto di sé delle importantissimi testimonianze su Michelangelo e la sua produzione artistica. La sagrestia è detta nuova per distinguerla dalla sagrestia vecchia realizzata da Brunelleschi fra il 1421 e il 1428. La pianta della sagrestia è composta da due quadrati adiacenti di cui uno più grande dell’ altro. entrambi gli spazi sono sormontati da una cupola innestate su pennacchi. La cupola più piccola è costituita da una superficie liscia mentre quella più grande è simile alla cupola del Panteon. Infatti nell’intradosso della cupola maggiore è caratterizzata da cinque file concentriche di lacunari.

Lanterna Sagrestia Nuova
Lanterna Sagrestia Nuova

L’estradosso è ricoperto da squame di terracotta sulle quali spicca il candore della lanterna, la lanterna è costituita da un’ampia superficie vetrata racchiusa in colonnine composite trabeate sormontate da volute. La lanterna è sormontata da una superficie conica dal profilo concavo e rigonfio come se non fosse pietra dura ma una colata di materiale liquido.

I materia impiegati da Michelangelo sono  quelli della tradizione fiorentina, cioè il bianco dell’intonaco e il grigio della pietra severa per le membrature architettoniche. Il fregio è continuo lungo le quattro pareti, e divide la parete in due registri tanto che la parte superiore sembra fluttuare senza avere punti d’appoggio su quella inferiore.

Interno Sagrestia Nuova
Interno Sagrestia Nuova

Infatti, i due registri sono separati da una striscia di intonaco bianco quindi gli elementi architettonici grigi in pietra severa non sembrano essere continui verticalmente ma separati da questa superficie bianca. In questa cappella vennero realizzati due sepolcri, il primo per Lorenzo duca di Urbino, nipote di Leone X e il secondo per Giuliano duca di Nemours, figlio di Lorenzo il Magnifico. Per la loro realizzazione Michelangelo usa del marmo bianco che viene in uno spazio profondo e non molto ampio tanto che vengono quasi inglobate fra le paraste che le affiancano, assumendo le caratteristiche di una superficie neutra di passaggio. I sarcofagi hanno coperchi ellittici su cui poggiano due statue, per Giuliano l’allegoria del Giorno e della Notte, per Lorenzo quelle del Crepuscolo e dell’Aurora. Le statue sono circondate da composizioni architettoniche in marmo.

Allegoria dl Giorno
Allegoria dl Giorno

La statua che rappresenta l’allegoria del Giorno sulla tomba di Giuliano è un non finito michelangiolesco, non finito volontario non per cause esterne alla volontà dell’autore. Infatti, per Michelangelo il non finito è uno strumento per creare contrasto tra le parti finite e quelle non finite sottolineando così l’intensità della rappresentazione. In questo caso il non finito è volto evidente nel volto della statua che è stato solamente abbozzato dall’autore, mostra così la differenza fra l’abbozzo ancora dalla superficie irregolare e la superficie della scultura finita liscia, levigata e uniforme.

Sotto la sagrestia nuova la storia ha contribuito a creare uno spazio unico. Infatti, nel 1527 Firenze insorge nuovamente contro i Medici. Michelangelo abbandona i lavori della sagrestia nuova alla quale si stava dedicando e si unisce allo schieramento repubblicano adoperandosi per fortificare le mura della città. Nonostante gli sforzi dei repubblicani la città torna sotto il dominio dei Medici dopo essere stata assediata dagli spagnoli, la città cade definitivamente il 12 Agosto 1550. Si apre un periodo particolarmente sanguinario a Firenze e Michelangelo viene nascosto dal prete della sagrestia nuova, proprio sotto la chiesta in una piccola stanza senza finestre a cui si accede con delle scale sotto una botola, rima nascosto per un paio di mesi. Durante questa “prigionia” Michelangelo usò le pareti della stanza come se fossero dei fogli da disegno, usando il carboncino le riempì di schizzi.

Parete stanza segreta
Parete stanza segreta

Fra di essi si può trovare la faccia del Laocoonte, studi di cormi, figure della cappella sistina,profili femminili, statue che puoi sarebbero state collocate nella Sagrestia Nuova, c’è anche la figura di un uomo pensoso molti lo ritengono un autoritratto dello scultore. Passati i primi periodi di terrore i Medici tornano ad avere buoni rapporti con Michelangelo che accetta di tornare a lavorare per la Sagrestia Nuova. decide quindi di cancellare i suoi schizzi ricoprendoli con della biacca, in modo da eliminare le prove della suo presenza in modo che nessuno possa mai incolpare il prete di averlo nascosto. È stato proprio lo strato di biacca a conservare gli schizzi facendoli giungere fino a noi. Sono stati riscoperti nel 1975 durante dei lavori per costruire una nuova uscita. Da subito non tutti i critici sono stati d’accordo nell’attribuire i disegni a Michelangelo. La stanza segreta non è visitabile per motivi di sicurezza.

Sempre nel complesso di San Lorenzo si trova un’altra famosissima opera di Michelangelo, la biblioteca Laurenziana.

Biblioteca Laurenziana vestibolo
Biblioteca Laurenziana vestibolo

La Biblioteca Laurenziana è composta dal vestibolo e dalla sala lettura che avrebbe dovuto concludersi con una sala trapezoidale per la conservazione dei testi antichi con il muro scandito da nicchie. Il vestibolo è uno spazio esiguo che immette nel salone, della stessa epoca, che costituisce la biblioteca. Le pareti sono poco spesse per gravare poco sulla muratura sottostante. Nel vestibolo Michelangelo utilizza due ordini sovrapposti separati da cornici in modo da dividere lo spazio. Alle colonne binate incassate nelle mura nell’ordine inferiore corrispondono due paraste nell’ordine superiore. Le colonne sembrano poggiare su mensoloni la cui funzione è puramente decorativa suggerendo una maggiore altezza delle colonne. Fra le coppie di colonne sono collocate delle finestre cieche con gli stipiti rastremati verso il basso. L’effetto finale è l’idea di trovarsi in una pizza circondata da quattro edifici. Quasi tutto lo spazio all’interno della piazza è occupato da un’imponente scalinata chiusa fra le alte pareti degli edifici. Michelangelo aveva pensato la scalinata in legno ma Cosimo I la ordinò in pietra serena e lo scultore non riuscì ad opporsi. La scalinata ci appare come un fiume in piena che riesce a superare la scalinata e da sfogo di tutta la sua potenza nel vestibolo dividendosi in tre parti, le due laterali sono simmetriche formate da gradini squadrati senza balaustra, mentre quella centrale è più grande e potente e sembra infrangersi contro la balaustra e creando così delle onde, per questo motivo la parte centrale è stata chiamata anche “colata lavica”, per il modo in cui si arriccia in prossimità delle sponde laterali che la delimitano. Le due scalinate laterali sono raccordate a quella centrale con una voluta per lato. La scalinata centrale è caratterizzata da una linea più morbida e tondeggiante.

Sala lettura della Biblioteca Laurenziana
Sala lettura della Biblioteca Laurenziana

Mentre la sala lettura è un vasto spazio a pianta rettangolare ritmato da paraste verticali che sembrano continuare nella cassettatura di legno del soffitto con la travi orizzontali a vista che formano un reticolo. Michelangelo disegnò sia i cassettoni del soffitto sia il pavimento sia i sedili da lettura che tengono conto della corretta posizione di un uomo che legge.

Anche Michelangelo collaborò alla fabbrica di san Pietro. Questo compito gli venne affidato nel 1547 , prima di lui ci furono Sangallo (1520-1546), Peruzzi (1520-1536), Raffaello (1514-1516) e Bramante (1505-1514).

I vari progetti della fabbrica di San Pietro d Bramante a Michelangelo
I vari progetti della fabbrica di San Pietro d Bramante a Michelangelo

Michelangelo decise di abbattere le aggiunte di Sangallo, compattò la struttura e propose una pianta centrale. Lo scultore, infatti, decide di tornare all’idea di Bramante ma con alcune correzioni, seguendo questa idea la pianta torna ad essere a croce greca inscritta in un quadrato. Al centro della costruzione doveva esserci la maestosa cupola. Difatti la chiesa non doveva che essere il podio sopra il quale la cupola si doveva innalzare sovrastando tutte le costruzioni, un po’ come la cupola di Brunelleschi fa a Firenze (tanto che Leon Battista Alberti nel “De pictura” descrive così la cupola del Brunelleschi “vedendo qui struttura sì grande, erta sopra e’ cieli, ampla da coprire con sua ombra tutti e’ popoli toscani“) . C’è chi criticò questo allontanamento del progetto di Michelangelo da quello di Bramante sostenendo che lo scultore aveva speso di più in demolizioni che in costruzione. Nella struttura absidale si avvale di una struttura muraria con paraste giganti sulle quali poggia una cornice. Michelangelo però no riuscì a vedere il suo progetto finito, infatti, morì quando si stava costruendo la cupola, che venne realizzata su progetto dell’autore anche se probabilmente con alcune modifiche che vennero apportate dopo la sua morte, però non lo sappiamo con certezza perché Michelangelo non consegnò mai un progetto definitivo e le piante del presunto progetto che iniziarono a circolare dopo la sua morte cono diverse  tra loro. Anche se non riuscirono ad apportare modifiche sostanziali poiché Michelangelo per evitarlo fece iniziare i cantieri in più punti della basilica. Alla sua morte la cupola non era stata ancora finita, infatti, i lavori erano arrivati all’altezza del tamburo, fu Giacomo Della Porta a completare la costruzione della cupola.

Sempre per il papato Michelangelo realizzò uno delle opere per cui è maggiormente conosciuto, cioè la volta della cappella sistina e l’affresco che raffigura il giudizio universale sempre all’interno della stessa cappella. Infatti nel 1508 papa Giulio II affida a Michelangelo la decorazione della cappella sistina. Questo incarico consisteva nel ridecorare una volta già dipinta dipinta con il motivo del cielo stellato arricchito dalle figure dei 12 apostoli nei peducci e con i paramenti geometrici realizzata da Piermatteo d’Amelia (Amelia 1445-1448 – 1508). Il compito gli venne affidato da Sisto IV questa volta è documentata da un disegno che la mostra e che è conservato agli Uffizi ed è attribuito a Piermatteo d’Amelia.

Disegno di Piermatteo d'Amelia conservato agli Uffizi che rappresenta la volta da lui dipinta
Disegno di Piermatteo d’Amelia conservato agli Uffizi che rappresenta la volta da lui dipinta.

La cappella è dedicata alla Vergine assunta e sorge all’interno dei territori Vaticani di fianco  a San Pietro. Venne fatta costruire da Sisto IV fra il 1475-1483, facendo ampliare una cappella trecentesca preesistente. Giulio II consultò Bramente prima di affidare il compito a Michelangelo consultò Bramante che non era molto convinto della possibilità di affidare il compito a Michelangelo che non si intendeva molto di affreschi essendo principalmente un pittore,infatti, aveva osservato questa tecnica da ragazzo quando era a bottega dal Ghirlandaio ma non la praticava da molti anni. La volontà di ridipingere la cappella fu dettata anche da un esigenza pratica visto che nel maggio del 1504 una crepa nel soffitto,provocata dal processo di assestamento delle pareti della Cappella, aveva reso la cappella inutilizzabile per diversi mesi, cappella in cui venivano celebrate le più importanti celebrazioni della corte papale. Giulio II  provvede  a riparare e risaldare la cappella con delle catene ma i danni ne resero necessario il rifacimento. L’incarico venne formalizzato fra marzo ed aprile del 1509 venne finita nell’ottobre del 1512, la prima messa venne celebrata al suo interno il 31 ottobre 1512.

Cappella Sistina
Cappella Sistina (1508-1512)

La struttura architettonica è molto imponente con una lunghezza di 40,93 m, 13,41 m di larghezza e 20,7 m di altezza, le dimensioni riprendono quelle del tempio di Gerusalemme. Dall’esterno sembra un edificio fortificato. La copertura è costituita da una volta a botte con arco ribassato e curvature anche nei lati inferiori. La navata e divisa in due zone da un’ iconostasi marmorea, alla maniera dei bizantini. I due ambienti sono il presbiterio in cui sono ammessi i sacerdoti, e dove ancora oggi i cardinali si riuniscono durante il conclave, e il resto della navata in cui l’accesso è permesso anche ai laici. La decorazione delle pareti laterali venne affidata ai maggiori pittori dell’epoca come Botticelli, Rosselli, Perugino, Signorelli Pinturicchio, Andrea d’ Assisi. Ad ogni pittore era stato affidato il compito di dipingere due pontefici, una scena biblica ed un finto tendaggio sottostante, il progetto teorico delle iconografie venne realizzato da teologi vaticani. questi affreschi che corrono sulle pareti sono disposti su tre registri  orizzontali. Nella parte bassa è stato dipinto lo zoccolo con il finto drappeggio con alcuni ganci che servivano ad appendere gli imponenti e ricchi arazzi (come quelli commissionati da Leone X a Raffaello che raffiguravano episodi tratti dagli Atti degli Apostoli) durante le occasioni più importanti. Nel registro intermedio sono rappresentate le scene bibliche che sono racchiusi in grandi riquadri, sulla parete sinistra sono rappresentate le scene della vita di Mosè mentre a destra quelle delle vita di Cristo. Queste scene sono sormontate dai ritratti dei 28 papi martiri che vennero affidati agli auitanti ei pittori. Gli affreschi delle pareti perimetrali sono quelli ancora oggi visibili mentre la volta e i pennacchi sono stati decorati da Michelangelo come la parete di fronte all’ingresso dov’è rappresentato il giudizio universale che però è stato affidato a Michelangelo solo successivamente da un altro papa Clemente VII.

Volta della Cappella Sistina (1508-1512)
Volta della Cappella Sistina (1508-1512)

Michelangelo decide di affrescare la volta della Cappella Sistina usando una membratura architettonica dipinta all’interno della quale colloca le sue figure. La struttura architettonica è molto realistica grazie al sapiente uso che Michelangelo fa della prospettiva facendola così sembrare reale. Essa appare suddivisa trasversalmente da arconi che poggiano su una cornice appena sopra le vele triangolari. Gli arconi, nella finzione architettonica, sembrano essere sorretti da pilastri che separano i troni di sette profeti e di cinque sibille.

La Sibilla Libica
La Sibilla Libica
Il profeta Ezecchiele
Il profeta Ezecchiele

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nelle sibille Michelangelo riesce a congiungere il colore, la forma con il movimento. Nella sibilla Libica si nota la posa serpentina, le braccia semidistese cercano di afferrare il libro. Questo tentativo provoca la rotazione del bustotanto che la sibilla ci appare di schiena semi nuda. I capelli sono raccolti da una fascia violacea che riprende la decorazione del vestito. La gonna si alza lasciando vedere la sottoveste che si incolla alle gambe mostrandole nella loro anatomia descritta minuziosamente. Gli arconi e le cornici ripartiscono lo spazio della volta in nove riquadri nei quali sono state affrescate altrettante scene prese dalla Genesi, cinque di queste scene sono più piccole perché si trovano sia all’interno dei riquadri, come le altre quattro, sia racchiuse da coppie di ignudi che sorreggono medaglioni monocromatici nei quali con un sapiente chiaroscuro Michelangelo delinea alcune scene. Nella fisicità prorompente degli ignudi Michelangelo mostra il suo ideale di pittura plastica che definisce i volumi e le forme della muscolatura umana.

Coppia di ignudi
Coppia di ignudi

Nelle lunette sottostanti le vele lungo tutto il perimetro troviamo rappresentate le generazioni degli antenati di Cristo.

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Esempio antenati di cristo

Ne quattro pennacchi disposti sugli angoli troviamo rappresentati quattro eventi miracolosi per Israele:

  • La punizione di Aman;
  • Il serpente di bronzo;
  • Giuditta e Oloferne e
  • Davide e Golia.

 

Punizione di Aman
Punizione di Aman

In questo pennacchio è rappresentato il passo Ester III. Ester, il cui vero nome era Adassa (che in ebraica vuole dire mirto) nipote di Mardocheo, era una schiava ebrea che andò in sposa al re Assuero il quale però ne ignorava le origini. Il visir decide di condannare gli ebrei a morte perché Mardocheo non si vuole prostrare a lui. In occasione di un banchetto Ester rivela la sua identità al Re dicendogli che per il piano di Aman dicendogli che anche lei è destinata a morire. Per questo motivo il re va su tutte le furie il visir Aman viene accusati di promuovere una congiura, Ester riesce ad ottenne l’ abrogazione di un decreto di carneficina contro la popolazione ebraica e la condanna dell’alto funzionario da parte del re lo fa impiccare sullo stesso patibolo che Aman aveva fatto preparare per Mardocheo che assume il ruolo di visir. Il nuovo visir promulga un editto grazie al quale gli Ebrei si possono difendere da chiunque li minaccia. Anche Dante racconta questo episodio;

« Poi piovve dentro a l’alta fantasia
un crucifisso, dispettoso e fero
ne la sua vista, e cotal si moria;
  intorno ad esso era il grande Assüero,
Estèr sua sposa e ‘l giusto Mardoceo,
che fu al dire e al far così intero. »
(Purgatorio XVII, 25-30)

Aman è rappresentato tre volte e tutte e tutte  e tre è caratterizzato da un vestito giallo. A differenza del racconto biblico Amon non viene punito con l’impiccagione ma viene crocefisso.

Serpenti di Bronzo
Serpente di Bronzo

Gli israeliti avevano peccato di empietà contro Dio e contro Mosè e Dio per punirli aveva inviato dei serpenti velenosi che morsero ed uccisero tutti i peccatori. Allora Mosè mosso a compassione e pentendosi del suo eccesso d’ira, implorò Dio e forgiò un serpente di bronzo. Chiunque, una volta morso da un serpente velenoso, avrebbe guardato verso il serpente di bronzo avrebbe avuto salva la vita. La parte destra del pennacchio è occupata dagli effetti della terribile punizione rappresentata dai  plastici corpi che si contorcono fra le spire dei serpenti. Le torsioni dei corpi sono violente e le faccia sono deformate dalle urla. Al centro su un asta si erge il serpente di bronzo e sulla sinistra si trova il gruppo di israeliti salvati che sono rivolti verso di esso.

Giuditta e Oloferne
Giuditta e Oloferne

Durante il regno di Nabuccodonasor, nella Bibbia presentato come re Assiro mentre nella realtà è stato un re Babilonese, quando il re affidò al suo generale più valoroso Oloferne di sottomettere il popolo degli ebrei. Oloferne riesce ad assediare gli Ebrei che stano ormai pensando alla resa. Allora Giuditta, donna ebrea dall’ innegabili virtù, convince gli anziani a fidarsi di lei e vestendosi dei sui beni va da Oloferne fingendo di voler tradire il suo popolo. Dopo tre giorni Oloferne la invita ad un banchetto e quando vengono lasciati da soli lui è talmente ubriaco che Giuditta riuscì a tagliargli la testa.

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Davide e Golia

Qui è rappresentato uno dei più famosi episodi biblici quando Davide, pastore ebreo, affronta Golia il campione dei filistei. A differenza dell’episodio biblico, dove viene raccontato che Davide colpisce Golia con la fionda, qui viene mostrato Davide nell’atto di decapitare il gigante.

La scena più nota della volta della Cappella Sistina è quella che rappresenta la creazione di Adamo.

Creazione di Adamo
Creazione di Adamo

Lo sfondo è naturale e spoglio poco caratterizzante e rappresenta gli albori della vita della terra nella parte finale del racconto della creazione. A Destra si trova la figura di Dio Padre sostenuta da numerosi angioletti i cui corpi si intrecciano, questo gruppo è racchiuso da un manto rosa-violaceo che sembra ricreare il profilo di un cervello. A sinistra Adamo è rappresentato disteso a terra mentre la sua mano e sollevata verso Dio arrivando quasi a toccare il dito del Signore da cui viene sprigionata l’immensa potenza creatrice, infatti la mano di Dio è forte è autorevole mentre quella di Adamo è mostrata nel momento in cui si sta svegliando dal torpore grazie all’impulso vitale. Il soffio vitale è rappresentato da questo quasi contatto tra le due mani. La giovane figura di Adamo, mostrato come un giovane adolescente con il copro muscoloso ed atletico, viene contrapposta la figura di Dio come un signore anziano con la barba e i capelli bianchi. I due corpi sono disposti secondo una medesima doppia torsione.

Michelangelo tornerà a lavorare dentro la Cappella sistina successivamente quando gli venne affidato il compito di dipingere sulla parete retrostante l’altare un grande affresco con il tema del Giudizio Universale.

Giudizio Universale
Giudizio Universale (1536-1541)

Realizzato fra il 1536 e il 1541 l’immenso dipinto venne commissionato a Michelangelo da Papa Clemente VI ma venne realizzato durante il pontificato di Papa Paolo III Farnese. Per dipingerlo, a differenza di quanto aveva fatto sulla volta, non ricorre ad un organizzazione architettonica all’interno della quale inserisce le rappresentazioni. La scena sembra collocarsi in un altra dimensione fuori dalla Cappella Sistina caratterizzata da uno cielo azzurrissimo all’interno del quale si svolge la narrazione. Viene messo al centro della scena la tragicità della sorte umana una volta che si passa ala vita ultraterrena. I salvati vengono rappresentati sulla sinistra mentre si aggrappano alle nuvole e vengono tirati su da coloro che sono già tra i beati godendo della vista di Cristo Giudice. A destra sono rappresentati i dannati con i volti segnati dall’angoscia, dal dolore e dalla disperazione, i corpi contorti e contratti. Alcuni di loro tentano inutilmente di salire verso il paradiso ma vengono fermati, ostacolati ricacciati verso il tartaro da alcuni angeli  mentre creature diaboliche li trascinano verso il basso. Altri dannati vengono traghettati verso gli inferi da Caronte che li percuote violentemente con il remo, scena fedele a come Dante la narra nel III Canto dell’Inferno:

“Ed ecco verso noi venir per nave

un vecchio, bianco per antico pelo,

gridando: “Guai a voi, anime prave!

Non isperate mai veder lo cielo:

i’ vegno per menarvi a l’altra riva

ne le tenebre etterne, in caldo e ‘n gelo.[…]

Caron dimonio, con occhi di bragia,

loro accennando, tutte le raccoglie;

batte col remo qualunque s’adagia “

(Dante, Divina Commedia, Inferno, Canto III, VV. 82-87, 109-111)

A sinistra l’ascesa dei salvati avviene sotto lo sguardo benevolo della Madonna, che si trova alla sinistra di Gesù sotto il braccio del figlio alzato,la discesa dei dannati è accompagnata dallo sguardo e dal gesto del braccio di Gesù giudice che si trova al centro della composizione. Gesù è accerchiato dai sdanti sopra i quali ci sono gli Angeli che recano i simboli della passione di Cristo, la croce, la colonna e la corona di spine, i quali assumono posizioni per contrastare la forza di gravità. Gli angeli sotto Gesù annunciano l’Apocalisse.

Successivamente i troppi nudi dipinti da Michelangelo vennero considerati troppo scandalosi e per questo Davide da Volterra venne incaricato di coprirli passando alla storia come il brachettiere, cioè colui che mise le braghe ai nudi di Michelangelo.

L’esperienza di Michelangelo pittore però non finisce qui, infatti, ci sono altre testimonianze di suoi dipinti ma abbiamo solo una sua tavola firmata. Si tratta del tondo doni realizzato nel 1504 per il matrimonio fra Angelo Doni e Maddalena Strozzi.

Tondo Doni (1504)
Tondo Doni (1504)

In primo piano Michelangelo ha raggruppato la sacra famiglia mentre al di là del muretto sporge la testa di San Giovanni Battista dietro la quale si vede l’umanità rappresentata da un gruppo di nudi disposti a semicerchio. La scena familiare segue un andamento elicoidale mentre i giovani nudi accennano un movimento orizzontali. La famiglia rappresenta il mondo cristiano e i nudi quello pagano, San Giovanni rappresenta il tramite fra le due realtà.

Colori vivaci e cangianti, corpi rappresentati in maniera scultorea chiaroscurati e staccati dal fondo con un contorno netto e deciso. Per Michelangelo la migliore pittura era quella che si avvicinava maggiormente alla scultura e cioè che possiede il più alto grado plasticità possibile.

 

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